Silenzio o Parole? Comunicazione verbale e non verbale!
In vita mia penso di non essere mai stata capace di rinunciarci; ho inseguito il sogno di Comunicare rinunciando ad un lavoro che facevo, perché non mi era possibile lavorare e studiare; quindi mi son detta “Voglio studiare” e ad un anno dal Diploma e un’indipendenza economica in tasca, mi sono gettata di nuovo tra i libri, i miei adorati libri. Ho impiegato un anno a decidere perché non volevo buttar via soldi e perché niente mi convinceva, dopo un anno l’illuminazione: Scienze della Comunicazione detta anche Salaria 113.
Mi si chiedeva “quindi vuoi fare la giornalista?“, quello che mi risuonava in testa era “Non proprio, io voglio Comunicare“, un bisogno impellente che ho sempre sentito vivo, vuoi per il mio essere figlia unica, vuoi per la linea caratteriale.
Comunicare significa amare le parole, ricercare il significato dei termini e utilizzarli in maniera appropriata. Con l’avvento dei Social è diventato più facile ma meno intenso, nel senso che si scrive tanto, si scrive di tutto ma non di noi. Non è come per i primi Blog agli inizi del nuovo secolo; lì c’era tanto di noi, delle nostre vite, della nostra routine.
Per i Social possiamo dire che è la stessa cosa? Mi ha fatto riflettere un articolo letto oggi in cui si diceva che occorrerebbe tornare al silenzio, alle parole non dette e alla comprensione dell’anima. In molte culture meditative esiste l’alto culto del silenzio come fonte infinitesimale di riflessione, ma nella nostra tutto ciò dove finisce?
Iniziai Comunicazione in mezzo a mille perplessità delle persone che mi circondavano, oggi posso dire con certezza che la risceglierei tra mille Facoltà e ciò che ho amato di più è stata la vicinanza dell’essere individuo, quello studio sociale che ci porta a capire come interagiamo, come comunichiamo tra di noi sia in forma verbale che non verbale. Un mondo chiuso nel nome di una via, Salaria 113.
Salaria 113 voleva dire che le tue antenne erano connesse col mondo e che la tua voglia di Comunicare superava quella di coloro che avevano scelto vie non meno semplici ma sicuramente più comode. Per noi c’era una responsabilità da portare avanti; quella di “Avere il delicato compito di prendere in carico la sensibilità dell’altro” tradurla in parole e renderla all’opinione pubblica. Salaria 113 era un modus operandi, un essere tecnologico prima di altri, un sentirsi multimediali prima di altri e un voler condivisione e connessione come principi ferrei.
Ciò in cui “Credevamo è che il mondo potesse interagire in semplicità” abbattendo confini spazio-temporali. Era il periodo di MySpace, dei Forum, nascevano i primi Blog e noi di Comunicazione avevamo una Radio tutta nostra, un sito perfetto sotto ogni punto di vista dove poter scaricare materiali utili delle lezioni, prenotare gli esami senza scomodarsi dalla propria poltrona di casa e accedere alle news in tempo reale dei docenti.
Tutto questo affanno di Comunicare in cosa si è tradotto in alcuni? Esistono a mio avviso due vie: coloro che si trovano chiusi in logiche di interazione individuali non verbali e coloro che connessi col mondo si rifugiano in meccanismi di interazione verbale digitale.
L’individuo in tutto ciò dove finisce? La Prossemica, che è la scienza che studia i gesti di comportamento nel spazio cosa studierà?
Cercherò di spiegare il mio punto di vista sulla Comunicazione verbale e non verbale nel prossimo post.
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