Perché condividi il pranzo di Natale?

In molti hanno parlato di Digital Detox, quando secondo me è stato un buon proposito di molti e un’attuazione pratica di pochi, forse pochissimi. Per chi non lo sapesse, perché non è obbligatorio conoscere tutti i termini di questo pazzo mondo del web, il Digital Detox è letteralmente la disintossicazione digitale, ossia lasciare la connessione dei propri device e connettere il proprio cuore e il proprio corpo con la realtà che ci circonda.

Diciamocelo serenamente, chi riesce a disintossicarsi totalmente sono quelli che riescono a star soli in momenti in cui tutti sono in compagnia o vogliono sentirsi in compagnia. Coloro che sfidano le convenzioni sociali e tirano dritti per la loro strada, quelli che non hanno paura di sentirsi “diversi”.

Facile sentirsi tirati fuori dal tunnel di gruppi e pagine orientate in un solo versante: quello dell’accettazione sociale.

L’accettazione sociale è un termine che ci viene in aiuto dalla Psicologia Sociale che determina disturbi del comportamento in relazione al contesto di riferimento. Ansie, paura del rifiuto, disturbi della personalità sono solo alcuni dei problemi a cui si va incontro se non si trova il giusto equilibrio tra reale e virtuale.

Quando ci sentiamo accettati?

Pensaci un po’, perché senti il bisogno irrefrenabile di scattare le foto alla lasagna della nonna o all’insalata di polpo che ti piace tanto? Perché hai bisogno di far conoscere quello che c’è nel tuo piatto, per molti versi, a degli sconosciuti? Così facendo il tuo livello di accettazione sociale crescerà, sarai tranquillo di aver fatto ciò che tanti fanno e non ti sentirai escluso.

Il bisogno di condividere anche l’ultimo respiro dopo il limoncello ti fa entrare in quel gruppo, direi ampio, di persone che vogliono far saper quanto il loro Natale sia stato abbondante.

Ma perché il Natale deve essere sinonimo di abbondanza? Ti senti tirato fuori se non mangi come se non ci fosse un domani o come se ti stessero saccheggiando casa?

L’abbondanza, si sa è sinonimo sin dal Medioevo, di benessere e fastosità; chi se ne astiene può esser visto come “diverso” e non essere considerato dal gruppo dei molti.

Facebook & Co.

La piattaforma per eccellenza è Facebook che, con i suoi 21 milioni di utenti attivi in Italia, per esibizionismo non è secondo a nessuno; Facebook, complice la sua facilità d’utilizzo e la sua importante penetrazione nella fetta di popolazione attiva, permette di essere visibile e quindi accettato da buona parte dei propri contatti. Permette l’esperienza a tutto tondo in quel non-luogo dove le identità si mescolano alle artificiosità.

Come affermava Émile Zola nel suo romanzo Al paradiso delle signore hanno democratizzato il lusso”, per far riferimento all’obiettivo della produzione di massa. Quante volte ti sarà capitato di vedere foto di oggetti importanti dal punto di vista economico spacciate su Facebook neanche fossero caramelle gelatinose alla fragoline di bosco, ti sei mai chiesto perché non ci sono mai o quasi mai immagini di regali bruttini ma regalati con tutto il cuore? La raccolta degli I like ne è la risposta!

La raccolta degli I Like

L’insicurezza di alcuni fa si che le foto siano scaraventate su Facebook (ma anche su Instagram avviene ciò) per raccogliere il più alto numero di I Like e questo non per fini aziendali (il che potrebbe essere altrettanto sciocco ma lontanamente comprensibile) ma per puro apprezzamento sociale.

Il narcisismo che regalano i social media tocca punte che rasentano il ridicolo, ma cosa non si fa per toccare una punta di celebrità o essere accettati socialmente?

Il virtuale diventa come Marc-Augé afferma del centro commerciale, sì ho detto proprio centro commerciale, un iper luogo  dedito al consumo, all’incontro, allo scambio e alla relazione.

Il consumo nell’epoca moderna

Sempre più legato all’immaterialità, legato per lo più alla capacità di distaccarsi dal suo essere bene durevole e farsi infinito, incorporare il senso, comunicare attraverso varie maniere espressive.

Il Natale 2015 è stato volutamente immateriale, su ogni piattaforma hanno fatto da padroni video e immagini a scapito della bellezza delle parole.

Maggiormente diretto e adatto ad ogni ceto sociale questa modalità di racconto sta spopolando ed è sempre più evidente in momenti di festa, di crisi o di condivisione massima virtuale.

Arriva prima al destinatario e non c’è dubbio!

Il tuo pranzo è andato in onda?

Mi sono limitata ad osservare ciò che è successo nei giorni di festa sui vari canali più utilizzati da ognuno utente medio, come Facebook e Instagram.

Dalla Vigilia a Santo Stefano sono andati in scena i pranzi e le cene più abbondanti del creato; da Nord a Sud il web si è divertito alla grande con le vicende di Casa Surace, una società di produzione video o con Il Milanese Imbruttito, una social page su Facebook.

L’interessante, oltre ovviamente le varie pagine Facebook, è stato scoprire l’utente privato che ha dato libero sfogo alla sua creatività e al suo narcisismo. Mettere in mostra l’abbondanza della tradizione culinaria del proprio paese sarà stata animata dallo spirito di condivisione o da quello dei riflettori?

E ancora manca Capodanno 🙂

Vorrei conoscere la tua opinione e il tuo vissuto, se hai condiviso le immagini delle tue tavolate o dei piatti perché l’hai fatto?

 

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Monia Taglienti
Post by Monia Taglienti

Nasco con le parole nella testa e continuo con le parole tra le mani. La Laurea in Comunicazione è stata solo il punto di avvio di un amore destinato a non finire mai. Social Media Manager, Web Content Writer, Social Media Strategist e Social Media Food Marketer.

3 Responses to Perché condividi il pranzo di Natale?

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