
Freelance: tra micro imprenditorialità e lavoro dipendente
Non sono nata freelance, ho lavorato in aziende, agenzie, ho fatto stage, ho fatto altri lavori. La micro imprenditorialità che ne deriva è frutto di anni di sacrifici e lotte personali. “Meglio un lavoro sicuro“, “Meglio un posso fisso“, “Ma con la laurea in Comunicazione che ci fai esattamente?“. Queste e altre mille frasi, mi sono sentita dire durante gli anni.
Ho terminato gli studi con una consapevolezza: Comunicare voleva dire, farsi rispettare.
Non sono nata freelance, perché ognuno di noi non dovrebbe immedesimarsi con il proprio impiego.
Il freelance è un imprenditore
A dire il vero ognuno di noi dovrebbe esserlo, al di là della condizione lavorativa, un dipendente non può in nessun modo soccombere ad un datore di lavoro che non evidenzia le caratteristiche personali e professionali del dipendente. Un freelance non può in nessun modo accettare contratti che possano non valorizzare le proprie competenze.
Il valore che dai al tuo lavoro è composto da due variabili:
- Il lato economico
- La ricompensa umana
Un datore di lavoro che gioca su un pressing psicologico di sensi di colpa e meschinità o un cliente che non valorizza il tuo lavoro, sono in automatico la somma dei tuoi malesseri latenti o manifesti.
Il valore che dai al tuo lavoro dipende prima di tutto dalla consapevolezza che hai di te stesso e di ciò che fai tutti i giorni, i clienti o il tuo datore di lavoro hanno necessario bisogno di qualcuno che crede in sé stesso e che non si sminuisca.
Quante volte hai pensato di valere di più e di non avere la forza di comunicarlo ai tuoi clienti o al tuo datore di lavoro? Riccardo Scandellari in “Sei disposto a fari pagare di più?” porta alla luce ciò che in molti non hanno avuto mai il coraggio di dire “Il prezzo concorre al valore percepito del cliente di chi sei e di quello che fai“, ciò non significa che devi alzare il tuo tariffario per apparire più bravo, ma non devi svenderti al miglior offerente solo per lavorare, perché poi finiresti per operare male, pieno di sfiducia e malessere di ogni genere. Il cliente che sceglie sulla logica del prezzo, non ha bisogno di te, ma di manovalanza.
Il dipendente da cosa dipende?
Spesse volte mi trovo a parlare con persone che mi dicono di non essere felici del proprio lavoro, lamenti continui per il fatto che non si sentono soddisfatti. A questo punto, perché?
Il dipendente è parte di un gruppo, una famiglia, una sorta di rifugio sicuro che porta l’individuo ad essere sereno di lavorare in quel dato settore o in quella data azienda, se ciò non avviene qualcosa deve essere rivisto. I dati sulla condizione dei lavoratori europei di Eurofound afferma che il 27% dei lavoratori dichiara di lavorare in condizione di stress.
L’ansia e lo stress sono i principali fattori che ci aspettano al rientro dalle ferie o alla fine di ogni weekend, ma tutto ciò perché? Forse perché non si è compreso fino in fondo che la libera professione è libertà o perché il lavoro dipendente si unisce solo ad alcuni approcci caratteriali? La cosa più entusiasmante che ho ascoltato qualche settimana fa è stata “Nella stessa azienda dove lavoro oggi, qualche anno fa ricoprivo un ruolo diverso; ero sempre in giro e per me il contatto con i clienti era uno stress perenne. Oggi sono felice perché sono in ufficio, tra le quattro mura che conosco“, è esattamente questo quello che dovrebbero fare tutte le aziende.
In un video molto importante, Rudy Bandiera, ha sostenuto il parallelo tra grandi player e piccole attività commerciali, in un certo qual modo penso che questa filosofia sia applicabile ad ogni settore e ogni attività lavorativa. Il lavoratore dipendente quanto riuscirà a resistere a logiche multinazionali? Il freelance quanto reggerà da solo? La qualità che ne deriva è il massimo che può offrire?
Ci è stato sempre raccontato che occorre dare il meglio, essere i primi, essere i migliori; ma non ci è stato mai detto come poter arrivare a risultati ottimi. La logica del ritorno alle origini non è semplice da spiegare, spesse volte spiegare concetti semplici è di gran lunga più complesso che spiegare assunti difficili. La globalizzazione ci ha portato ad ipotizzare che i mercati di grandi dimensioni siano la soluzione migliore per avere più disponibilità di merci, occorrerebbe riflettere sulla capacità della quantità di raggiungere la qualità di cui gli utenti necessitano.
Freelance o dipendente: occorre organizzarsi!
Cristiano Carriero nel suo “Mobile Working” edito da Hoepli, sostiene che la mobilità e la flessibilità delle nuove professioni, ma non necessariamente solo quest’ultime, devono essere sinonimo di serenità. Quante volte si va in panico perché su un mezzo pubblico che sta facendo ritardo non si ha con sé quel documento tanto importante? Beh, oggi con piccoli accorgimenti, sarà più facile evitare di farsi venire la tachicardia e apparire organizzati ed efficienti. La professionalizzazione in movimento già è il futuro, che si voglia oppure no, non esiste più il rimanere fissati in logiche lavorative arcaiche dove la stabilità fisica era appannaggio di apatia mentale. Una mia professoressa diceva spesso: ” Il mondo va veloce, voi dovete stargli dietro“. Tu hai altro modo per vivere sereno?
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